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Caro direttore,

ti confesso che prima di scriverti questa lettera ci ho riflettuto un po’, cosa che normalmente non faccio perché preferisco dire le cose subito e in maniera diretta quando ho da dirne. Ma ti rassicuro che non ti annoierò con la solita lamentela: il piagnisteo non mi appartiene, tanto meno quello che con vergognosa disinvoltura si fa sui social, in troppi casi considerati una specie di refugium peccatorum da chi non riesce ad essere se stesso e si fa condizionare da ignoranti istrioni che gonfiano il petto solo su FB. Un like non si nega a nessuno? Nemmeno agli ignoranti e ai mistificatori? No, caro direttore, io a questo gioco non ci sto, perciò vado dritto per la mia strada, che piaccia o no.

Detesto gli sport oggi tanto in voga: l’adulazione, l’omologazione, l’invidia, la coscienza double face, il mostrarsi per quello che non si è, l’orgoglio dell’ignoranza, credere di essere migliori degli altri e di poter giudicare tutti e tutto, magari tentando di nascondere dietro mezze frasi l’imbarazzo per aver detto o scritto fregnacce con l’intento di denigrare gli altri illudendosi di riuscire, con l’inganno, a prenderne il posto nella società o, semplicemente, nella considerazione di chi li ascolta o li legge. Se capisco e, passami il verbo, compatisco le persone che ingenuamente abboccano, non riesco in alcun modo a comprendere l’analogo atteggiamento di persone che so essere dotati di buona cultura, certamente ben più vasta di quella dei suddetti istrioni che si mostrano persino come opinionisti. Da loro è lecito attendersi qualcosa di più. Quanto meno interventi che abbiano il nulla osta della ragione. Invece, pur di accreditarsi (ma presso chi e per quale scopo?) rinunciano ad esprimersi come ragione vorrebbe. E mentre loro, quelli che “hanno studiato”, con la loro falsata accondiscendenza pensano di ingraziarsi qualche omminicolo, questi ridono alle loro spalle e aumentano vieppiù il loro ignorante ardire. Il peggio è che un siffatto comportamento viene attuato anche nella vita sociale e “politica”, per quanto i discorsi sui partiti locali o sulle critiche o sulle adulazioni che si fanno qui a Silvi si possano definire “politici”. In questa città, come certamente anche in altre realtà locali, sono tanti, troppi, i cosiddetti “pecoroni” che parlano, o scrivono sui social, riportando pari pari il pensiero, si fa per dire, di chi fa credere di essere capace e intelligente. Che dici, direttore, prima o poi le cose cambieranno? Ma c’è la possibilità che cambieranno davvero in meglio? Grazie per l’eventuale ospitalità sul giornalino da te diretto, ma ti assicuro che non ti odierò se non pubblicherai questa mia, perché ho buone ragioni per credere che almeno tu non fai parte né degli istrioni né dei loro “colti” ruffiani.

Nick Di Monte

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