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Categoria: La parola ai lettori
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Dal Diario di Massimo Losacco…

10-Foto-LosaccoSilvi, estate 1972 Lido Hawaii. Sulla barca di “Ernèste di mignitte”, con il mio inseparabile cagnolino Puffy e la mia mamma in costume tigrato. Avevamo affittato casa ai bagnanti, stringendoci in un piccolo cantuccio. Un letto a castello cigolante, mia madre al piano di sotto ed io ai piani alti del microcondominio. Il mio papà si arrangiava su una branda di tela che di notte apriva e di giorno spariva sotto il letto, altrimenti non si passava. Una cucina a gas a tre fuochi appoggiata su una mensola, il bombolone fornito dalla “putèche di Lione l’Asinett”.
Il bagnetto di un metro per un metro, rimediato alla meglio, ovviamente con l’acqua fredda...quando c’era, altrimenti si riempiva il catino. La piccola tv a due canali, rigorosamente in bianco e nero, ed una piccola radio gialla alla quale era affidato il compito di riprodurre la colonna sonora di momenti indimenticabili, scolpiti nella mia memoria. Il mio papà perennemente al lavoro nell’altra metà della stanza, sommerso da tv a valvole da riparare. Mia mamma sempre sorridente: ”eccoti 300 lire, vai da Geremia e riportami un pacchetto di Lido”. Uscivo sul lungomare e percorrevo quei cento metri di distanza tra i pini profumati e gli oleandri in fiore, zigzagando tra le auto parcheggiate giunte da ogni dove, Milano, Napoli, Roma, Bologna, Firenze e poi quelle che arrivavano dalla Francia, dal Belgio o dalla Germania...si una volta erano tanti quelli che sceglievano la nostra Silvi come fosse il paradiso terrestre. Arrivavo quindi al negozio di Geremia, sali e Tabacchi, nonchè ricevitoria del Lotto, dove si tentava la fortuna cercando di interpretare improbabili consigli milionari, dispensati in sogno dai cari defunti di famiglia, che probabilmente si divertivano un sacco nel consigliarli sempre sbagliati.
Di fronte i negozi di “Biage lu lattare”, di “ La Cazzittare” ed il ferramenta di “Funzino” che nel periodo estivo gestiva anche quella che era una sala giochi con Flipper, biliardini, macchinine elettriche che giravano sull’asfalto di piazza IRIS alla modica cifra di cento lire. Dall’altro lato della stessa piazza Pierino “lu ddù”, caricava le riviste nel cesto della bicicletta, prima di fare il suo giro in spiaggia alla ricerca degli ultimi clienti. Pierino era incredibile, grande lavoratore, forse l’unico edicolante che non sapeva leggere e scrivere ma sapeva contare bene il denaro contante. Dal lato sud dell’edicola, parzialmente celati, spuntavano le copertine dei fumetti zozzi.”il montatore, Lando, Sukia, Jacula...me li ricordo ancora, ed appena dietro le riviste più piccanti, ma erano ad altezza da adulto e quindi, anche arrampicato sulla vetrina ed in punta di piedi, non riuscivo che ad immaginarne il contenuto. Prima di tornare a casa allungavo il mio giro, passando per via sant’Antonio. L’odore di mastice dal negozietto di “Capriele lu scarpare” si arrendeva immediatamente al profumo del pane caldo e dei cornetti appena sfornati dal forno De Santis, dove la signora Rosanna, dietro l’alto bancone, mi appariva come una Santa, perchè proprio dietro di essa aveva lo scaffale della pizza bianca col sale grosso, la cui forma rotonda che le sporgeva dietro alla testa sembrava ai miei occhi di bimbo l’equivalente di un aureola dorata. A seguire, il mitico Bar De Santis dove gli anziani giocavano a carte. I loro volti celati dai vetri delle Peroni appoggiate sul tavolo, si deformavano ad ogni passo facendoli apparire mostri silenziosi, ma non troppo, visto che tra Santi e Madonne che volavano e carte sbattute sul tavolo sembrava la festa del santo patrono dei bestemmiatori.
Di fronte il negozio di giocattoli, più adatto ad un bimbo di sette anni, dove ammiravo scatole di soldatini, secchielli di costruzioni e tanti giochi che non potevo purtroppo permettermi. Bastava peró un occhiata alle confezioni per nutrire la fantasia ed in qualche modo appagarmi.
Ultimo pezzo di strada per via Spezzaferro dove, a ridosso del passaggio a livello c’era una merceria, mentre affacciato sulla strada il mobilificio Serafini/Panetta, dove si comprava tutto a.pagherò. Un ultima corsa lungo la strada, un occhiata a “Babbo” vicino alla casa popolare che cantava a squarciagola brani d’altri tempi “chella llà...chella llà...” e poi, girato l’angolo, di nuovo in via del popolo, con i suoi alberi verdi che mi accompagnavano fino a casa. Prima di rientrare mi voltavo, sperando di evitare l’attenzione della vicina di casa, l’anziana Signorina Assunta, che di ritorno dalla sua quotidiana passeggiata se avesse intercettato il mio sguardo mi avrebbe sicuramente chiesto: “Massimo...bel bambino, mi risalici la bicicletta?”.
Quindi mi sarebbe toccato caricare sulle gracili spalle una Graziella che pareva realizzata in ferro battuto e piombo, per portarla alla fine di una scalinata che, seppur breve, mi appariva più dura del monte Calvario che percorse nostro Signore... Scampato il pericolo rientravo finalmente a casa. Non c’era molto da fare, ma ricordo perfettamente quel 1972 soprattutto per la radio gialla dalla quale ho ascoltato quella che ho prima definito una colonna sonora indimenticabile. Come definire altrimenti quel 1972 quando in classifica c’erano brani come:“Imagine” di John Lennon, “La Canzone del Sole” di Battisti,, “Un piccolo Grande Amore” di Baglioni, “Jeshael”dei Delirium (con il giovane Fossati), “Impressioni di Settembre” della PFM, “Io Vagabondo” dei Nomadi, “Roma Capoccia” di Antonello Venditti, il mitico “Tuca Tuca” della Carrà...
Io l’ho definita l’estate del mio cuore, quando tutto era perfetto anche tra mille sacrifici e difficoltà. Un estate che mi ha segnato e che ha contribuito a fare di me l’uomo che sono. Ciao Mà, eri bellissima col tuo costume tigrato.