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Per le vie del Borgo

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di presentazione

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ricordi silvaroli

LA SCIABICA

Il venerdi sera avevo fatto tardi seduto sul muretto della chiesa. Con i soliti amici avevamo parlato a lungo di ciclismo: Bartali, Coppi, Magni… Con noi c’era anche Mimì “Fuffett”,di Giacumucce, tifoso pazzo di Coppi. Il dibattito sul ciclismo durò un po’ e tutti dicevano la loro. Ci fu un mio coetaneo giovane che ebbe da ridire su Coppi: “stu mucculose – gli disse il buon Mimì con la sua eterna aria nervosa - chi caz ni si tu, di biciclette?”.  Le risate salivano sino al campanile, mentre dalle finestre c’erano donne che si godevano lo spettacolo. Silvi, la mia Silvi piangeva, godeva, amava, condivideva tutto: eravamo uniti, senza eccezioni. Andai a letto tardi. Dormivo perché ero stanco, quando sentii bussare alla mia finestra che era ancora notte.

Spicchi storia silvarola (seconda parte)
IL RUGGENTE DECENNIO 1965/1975
Le liste “civiche”, la “mafia” DC, i fermenti nel PCI e il nuovo nel PSI
Come nel resto dell’Italia, anche a Silvi gli anni ’70 furono caratterizzati dai grandi movimenti politici e culturali, dalle innovazioni e dai cambiamenti del modo di pensare, di vedere le cose e di proporsi. Quel passaggio fu “sorvegliato” dal giovane maresciallo comandante dell’allora piccola stazione dei Carabinieri giunto nel giugno del 1967 da Sulmona, Rocco Di Biase, classe 1928 che poteva contare su due soli fidi collaboratori (Carlo Acquaviva e Vincenzo Vito). Di Biase ebbe il merito di “entrare” come un buon padre di famiglia nel tessuto sociale della cittadina che stava crescendo in abitanti e in mini appartamenti, con discrezione cercando sempre di prevenire anziché reprimere, con particolare attenzione ai giovani.

ricordi silvaroli

 

 

…Il dopoguerra a Silvi

Erano gli anni dell’immediato dopoguerra. I campi di grano, del nuovo grano nato dopo la guerra, erano rigogliosi e simbolicamente stracolmi di papaveri rossi che stavano, forse, per chiudere definitivamente la triste storia del “nero” imposto dal fascismo… Gli americani ci avevano liberati dagli ultimi panzer tedeschi. La paura dei bombardamenti aveva lasciato il posto al ritorno delle rondini, al cinguettìo degli uccelli e al gracidare forte e corale delle cicale in quelle giornate di caldo infuocato. La gente cantava “bandiera rossa”… anche se dalla Russia furono in parecchi a non tornare più al paese. Altri ritornarono dalle diverse zone di guerra o dai campi di prigionìa, alla spicciolata e con mezzi di fortuna.

Uno spicchio di storia di Silvi (Prima parte)

IL RUGGENTE DECENNIO 1965/1975

Furono gli anni decisivi per il futuro della città, nel bene e nel male

06 Silvi 1965Il decennio che va dal 1965 al 1975 fu, senza alcun dubbio, il periodo in cui Silvi fu trasformata da villaggio di pescatori e contadini in quel caotico e disordinato agglomerato urbano e umano che negli anni successivi, fino ai nostri giorni, crebbe a dismisura. I politici locali, accecati dall’ambizione personale e dalla voglia di “arraffare” tutto e di più, anziché frenare quella corsa la favorirono, forse anche senza rendersene conto, ma non per questo sono oggi da giustificare. Era l’epoca dei “volponi”, dei boss e delle cricche che trovarono facile terreno nell’ignoranza dei peones che li seguivano cecamente.

ricordi silvaroli

(Per questa volta “rubo” la rubrica all’amico Ottavio Scianitti, al quale, peraltro, farà anche piacere ricordare con me certi avvenimenti…)

Siamo, dunque, al rendez-vous. Lunedi sapremo se Silvi avrà già, in prima battuta, un sindaco nuovo e una maggioranza o chi saranno i due candidati sindaci ad andare al ballottaggio con le loro liste e i probabili accoppiamenti. Comunque andrà, sarà stata una discreta esperienza. Anche per me che di campagne elettorali ne ho fatte tante e ne ho viste di tutti i colori: dai tempi del dualismo DC-PCI fino ai nostri giorni. Ieri sera mi sono fermato lì in piazza Marconi, mi sono seduto dietro il pino “storpio” e mi sono messo a pensare sul tempo che mi sembrava trascorso come un volo di gabbiano… I bei tempi dei grandi comizi in cui si parlava “anche” di politica e non in politichese ma con parole chiare: ci susseguivamo su palchetti improvvisati o, addirittura, su camioncini (era la specialità di Armando Frezza) con rudimentali strumenti di amplificazione tipo megafono che erano a forma di tromba (il buon MassimuccioMazzitti li chiamava  “li ‘mmittelle”, cioè  imbuti, proprio per la loro forma).

ricordi silvaroli

 

LU PICHIU’

A quei tempi (prima che venissi in Canada), le serate invernali a Silvi Paese le trascorrevamo nella cantina di ‘zì Vintiglie: una partita a carte con passatella; “nu mezz’e mezze” di vino e gassosa. La domenica, quando la cantina si riempiva anche di marinai era uno spettacolo con il fumo delle sigarette e dei sigari, che si poteva tagliare con il coltello, le partite a carte accanite tra urla e bestemmie di chi finiva per andare “olmo” (cioè non gli si consentiva di bere...). Era, comunque, una festa. Tra risate e… cazzotti, inevitabili quando qualcuno alzava un po’ troppo il gomito, si trascorrevano in allegria e semplicità interi pomeriggi e serate.

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