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Ricordo di Ottavio Scianitti a cura di Franco Costantini
La primavera “brilla nell’aria e per li campi esulta”

Quando arrivava il mese di marzo al paese il tepore della primavera prendeva il posto delle fredde e piovose giornate invernali. Finalmente a scuola la maestra faceva aprire le finestre. Il venticello che giungeva dalla vallata portava odori, suoni e aria nuova per i nostri polmoni bisognosi di ossigeno dopo le interminabili mattinate trascorse a respirare la carbonella che il Comune ci passava come riscaldamento, tramite mio nonno fornaio... Il sabato pomeriggio e la domenica gruppi di ragazzi, di giovani e meno giovani lo dedicavano alle lunghe e... remunerative passeggiate nei due piccoli boschi che stavano sotto il paese in cerca di funghi, asparagi e nidi. Nel sacro silenzio che ci accompagnava vedevamo agilissimi scoiattoli saltare da un ramo all’altro, leprotti e uccelli di ogni tipo. Gli unici che si distinguevano erano i Mancinelli, grandi esperti in materia dalla straordinaria voce che ci accompagnava nelle nostre scorribande con canzoni popolari e, persino, romanze di opere liriche!... Il 19 marzo il paese si svegliava al suono a distesa delle campane accompagnato dal forte cinguettio delle rondini che a frotte giravano attorno ai tetti delle case. I pescivendoli si attrezzavano per andare a vendere il loro pesce nelle campagne, mentre corso Umberto I si animava di voci e di movimenti. Dalle strette vie arrivava l’odore dell’orzo pronto per la colazione. La Ciccotta era pronta con il caffè, Rachele Di Giovanni e Dora Fusilli aprivano le porte dei loro negozi per attirare eventuali clienti. Le donne anziane, vestite di nero, spuntavano dalle viuzze laterali per andare a Messa. Il rumoroso clacson del bus annunciava la partenza verso Atri o Pescara, passando per la Marina, per portare al lavoro gli uomini.
La piazza grande della Chiesa non aveva ancora le ringhiere, sicché sporgersi da lì era come sporgersi in un pericoloso burrone dove, oltretutto, chi aveva la sfortuna di cadere, si ritrovava letteralmente trafitto dagli aghi dei fichi d’India, tanto buoni, quanto pericolosi… In estate ne facevamo delle straordinarie scorpacciate. Da ragazzino, mi sedevo sull’uscio del forno di mio nonno e divoravo, dividendo talora con qualche mio amichetto, i fragranti panini, divertendomi ad osservare le rondini che scendevano in picchiata nel fossato per prendere l’argilla necessaria per fare il nido alla cucciolata in arrivo. A proposito delle rondini, c’era una particolare credenza: il bambino che riusciva a mangiare un cuoricino di rondinella aveva la salute assicurata per tutta la vita!... Il giorno di Pasqua, poi, era una grandissima festa sia religiosa che… culinaria! La processione del Venerdi Santo era accompagnata dalla nostra banda che suonava, dietro la statua di Cristo morto, la marcia funebre. Quasi tutti a Pasqua si confessavano e partecipavano alla Messa di Don Angelo. Poi tutti a casa per il grande pranzo di Pasqua con i diversi piatti tipici tra i quali spiccavano immancabilmente “lutimballe” e “lucasciaove”, spezzatino di agnello cotto con uova girate.