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L’asino di “Scarazze”

Nel 1944 l’Italia era ancora in guerra. Molti giovani silvaroli si trovavano lontano dal paese a combattere sui campi di battaglia, o a bordo di navi da guerra e sommergibili. Altri erano prigionieri… Le mamme, in particolare, vivevano con trepidazione ogni giorno in attesa di notizie… Quelle brutte le annunciavano i carabinieri che salivano al paese per comunicare ai familiari la morte di un loro congiunto. Ricordo una gelida mattina invernale e nonna Lucia aveva acceso da poco il fuoco nel camino, quando sentimmo bussare alla porta. Andai ad aprire. Erano due carabinieri! Appena li vide mia nonna lanciò un urlo di disperazione mettendosi le mani nei capelli… Ci volle qualche minuto prima che uno dei carabinieri riuscisse a calmarla. “Tuo figlio Germinio – gridò – è vivo, stai tranquilla!”. La nonna tirò un gran respiro di sollievo. “La nave Nicolò Tommasei – aggiunse il carabiniere – su cui era imbarcato tuo figlio è stata silurata e affondata nei mari della Grecia, ma, fortunatamente, tuo figlio insieme ad altri tre marinai è riuscito a raggiungere la riva a nuoto ed ora è al sicuro sano e salvo!”. “Dova ‘stà li bicchjrine? – disse mia nonna  rincuorata – avante daje, dete a ‘beve a l’appuntate!”. In quel momento era a casa nostra anche zia Annina “di Sciampagne” che udita la bella notizia ci invitò tutti a cena a casa sua per festeggiare. Zia Annina preparò una bella pizza di granoturco e un tegame di rape ripassate in padella il cui profumo si sentiva dalla strada! Mia nonna portò un bel fiasco di Montepulciano… Fu una serata, e una mangiata, straordinaria. “Zi Lijone”, dopo cena, mentre le donne rimettevano ordine alla cucina, mi prese da parte, vicino al camino. Preparò la sua pipa caricandola con una foglia sminuzzata di trinciato forte, tracannò l’ultimo bicchiere di Montepulciano, si tolse gli scarponi e prese a lucidarli con del sevo che lui stesso aveva preparato con il grasso di vitello. Mentre procedeva nel suo lavoro,  conoscendo la mia curiosità sui fatti antichi e sui personaggi di una volta di Silvi Paese, prese a raccontarmi la storia di “l’asine di Scarazze”. Una volta a Silvi si arrivava esclusivamente sul dorso degli asini. Non c’erano autobus o treni, né altri mezzi di trasporto. In Comune c’era un signore di Atri che faceva da sindaco e comandava i diversi impiegati e operai. Silvi, ormai era abitata da un bel numero di persone, però non aveva ancora l’aspetto di una piccola città. La gente aveva le stalle sotto casa; per le strade razzolavano liberamente galli, galline, papere, maiali e qualche pecora… Non era facile far cambiare abitudine alla gente. Così il sindaco decise di assumere una guardia municipale. Fu scelto “zi Funzette”, un uomo burbero con due baffoni a mò di manubrio della bicicletta. In pochi mesi dalle strade scomparvero tutti gli animali domestici! Rimasero solo gli asini che servivano per trasportare persone e cose. A proposito di asini, disse “zì Lione” ce n’era uno davvero particolarmente dispettoso che si chiamava “Scarazze”, come il suo padrone. Il suo divertimento quotidiano consisteva nel fare i suoi bisogni proprio davanti al portone di casa del sindaco e delle persone più in vista del paese!.. Non se ne poteva proprio più! Fu convocato un consiglio comunale apposta per risolvere quel problema. Fu deciso che era arrivata l’ora di dare il buon servito all’asino di Scarazze. Il vigile “Funzette” fu incaricato di portare l’asino impertinente alla strada di “Bariscille”, una sorta di via che portava gli asini vecchi e non più utili all’inferno degli asini, un luogo isolato e lontano dal centro abitato. “Funzette”, sollecitato dal sindaco e dai suoi consiglieri, prima di mandare l’asino in…pensione, decise di dargli una bella lezione per tutte le impertinenze che aveva fatto. Funzette incaricò il banditore,  un tale sopranominato ”Currintò”- che  aveva ricavato dalle corna di un bue uno strano strumento che faceva un rumore assordante – di fare il giro del paese, delle campagne e dei paesi vicini per annunciare un grande evento che si sarebbe tenuto la domenica successiva. La domenica mattina, fin dalle prime ore la porta di Silvi era gremita di gente, di bancarelle che vendevano nocelle americane, porchetta e panini di ogni genere. Le cantine brulicavano di uomini che giocavano alla morra e facevano la passatella. Un certo “Squarchiette” mise a disposizione una damigiana di vino. Arrivò anche “lu ddù bbotte” e subito iniziarono le danze, la “polke”, “lu savetarelle” e “lu ‘ndocca –‘ndocche”… Insomma una vera festa per tutti. La gente si chiedeva cosa si festeggiasse. Fu “Sciampagne” a dare la notizia ufficialmente: “uje mitteme fine a ‘nu scrijanzate!” disse riferendosi proprio all’asino di “Scarazze” che i notabili del paese, stanchi delle sue… birberie, avevano, praticamente, condannato a morte!.. Ci vollero quattro uomini con muscoli di ferro per legarlo e farlo stare fermo!  Finalmente l'asino fu immobilizzato. A quel punto “Currintò” con il suo strano strumento emise un altro suono assordante. Fu allora che la guardia “Funzette” iniziò uno strano rito di punizione all’asino di “Scarazze”. Tirò fuori una canna, la mise nel sedere dell’asino e invitò tutti i presenti a soffiarvi dentro fino a farlo diventare come un pallone da far esplodere! La proposta fu accolta da tutti, ormai completamente ubriachi, con entusiasmo. Il primo a soffiare fu proprio “Funzette” che diede una vigorosa soffiata. Poi fu la volta dei dipendenti comunali che, per fare una bella figura con il sindaco, ce la misero tutta. Dopo di essi, uno alla volta, quasi tutti i presenti parteciparono a quel rito, tra gli applausi e le grida di approvazione della gente che assisteva a quello spettacolo. Quando tutti fecero il loro…dovere, “Funzette”, ormai del tutto ubriaco, invitò il sindaco a dare il colpo di grazia all’asino di “Scarazze” che era diventato davvero un pallone. Quando il sindaco si presentò per fare la sua parte, Funzette lo bloccò con fare gentile, tirò fuori la canna dal sedere dell’asino e dopo averla girata la rimise senza pulirla…in quel posto, dicendo: “non sia mai ca lu siniche mette la vocche dova l’ha messe l’attra gente!”. Dopo la soffiata del sindasco l’asino di “Scarazze” non ce la fece più e morì. La sua carcassa fu sepolta nell’inferno degli asini dove fu posta una scritta che diceva: “Qui riposa l’asino di Scarazze”. Ancora oggi a Silvi paese c’è chi ripete: “fa lu ‘bbone, cammone diritte, si no ti facce fa la fine di l’asine di Scarazze!”

Ottavio Scianitti

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