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Le torri antiche di Silvi

A Silvi non si ha memoria, né vi sono resti, di castelli. Però in paese c’erano ben cinque torri di avvistamento che servivano anche da protezione contro gli invasori. Io sono riuscito a visitarne solo due. La prima si trovava dove oggi c’è il ristorante “Vecchia Silvi” ed era la residenza della famiglia del marchese De Torres, abitata ai miei tempi dalla sua erede, la signora Concettina. Attaccata alla torre c’era una casa dove abitava “Papucchie” il macellaio. I vecchi raccontavano che lì una volta vivevano tutti i dipendenti della famiglia De Torres.

Ero poco più di un ragazzino quando riuscii a farmi dare l’autorizzazione a visitarla da zia Sofia, moglie di Giuseppe. Poiché dentro era tutto oscuro, zia Sofia mi diede un lume ad olio per vedere dove avrei dovuto mettere i piedi. “M’arcummanne, Uttà – mi disse con premura – ‘st’attende e bade dova mitte li pite!...”. A pianterreno c’era una stanza. Appena entrai fui assalito da un fetore terribile:  c’erano appese le pelli di agnello messe li ad asciugare prima di mandarle alla concia; ragnatele giganti pendevano da tutti i lati e non vi dico dei topi che scorrazzavano!.. Mi feci coraggio e iniziai a inerpicarmi su una scala che portava in cima alla torre dove c’era una porta chiusa. Riuscii ad aprirla con qualche difficoltà. Fui accolto da un intenso profumo di viole a ciocche nate spontaneamente tra un mattone e l’altro. Dalla terrazza che era al di là della porta si vedeva un panorama straordinario: a nord Monte Conero di Ancona e poi a venire giù verso Silvi le insenature, le colline, le valli, i paesi,  la torre di Cerrano, il mare infinito che si perdeva all’orizzonte e, proprio li sotto a non troppa distanza il nuovo cimitero (quello attuale)… A sinistra da lontano si vedeva il maestoso Gran Sasso e, percorrendo con lo sguardo le dolci colline che man mano scendevano verso il mare, fui attratto da un’altra torre, detta “la Turrette di lu sicritarie” (la torre del segretario) che si trovava, grosso modo, all’altezza della Chiesa di S. Rocco. Cercai in giro qualcosa che mi parlasse di Silvi e della sua storia… Niente, neppure un cimelio… Solo un nome, “Vituzzo” scolpito su un muretto… Riscesi dalla torre un po’ deluso ma felice per avere soddisfatto la mia curiosità e per avere avuto l’occasione di ammirare quell’incantevole paesaggio. Da quel giorno cominciai a progettare di andare a curiosare anche nella torre del Segretario. Fui fortunato perché l’occasione mi fu offerta qualche giorno dopo. Ero al forno di mio nonno quando entrarono due signore dai modi molto riservati che acquistarono il pane e se ne andarono. Mi parve un atteggiamento strano, perché quando le donne del paese venivano a comprare il pane si intrattenevano sempre a parlare, a spettegolare o a raccontare quel che era accaduto… Quelle due donne, invece erano state taciturne. Non sembravano che fossero silvarole.  Chiesi al nonno chi fossero mai. Seppi che erano due sorelle che in paese avevano soprannominato “le tedeschine” per via dei capelli biondi, del loro buon vestire e della loro scarsa loquacità.  Non davano troppa confidenza, per questo le chiamavano anche “le soldatesse”. Ogni primavera tornavano come le rondini per coltivare il loro podere e abitavano proprio la torretta del Segretario. Confessai a mia madre che avevo una voglia matta di visitare quella torre. Ella mi promise che avrebbe parlato di questo alle “tedeschine”. Detto fatto. Il giorno dopo mamma si premurò di incontrarle al forno di mio nonno e fece loro la richiesta. Le due donne acconsentirono. Una mattina mamma mi preparò dei taralli ed altri biscotti. Li presi e mi avviai verso S. Rocco.  Per andare alla torretta del Segretario passai dietro la casa di “Cacasotte” e presi una stradina che di qua e di la aveva fitte siepi di more, di bacche e di “scìsciule” (amarene selvatiche). Quella stradina segnava anche il confine tra le diverse proprietà: i Di Marco, le terre di mia madre e quelle di “ zì Carilla”, la madre di “Dunatucce” il fotografo. Arrivai alla torretta. Aprii il vecchio cancello che con il suo cigolare richiamò l’attenzione del cane iniziò ad abbaiare minacciosamente. Per fortuna arrivarono le due sorelle… Mi fecero entrare in casa. In cucina c’era il camino con una caldaia di rame che pendeva al centro, mentre sulle pareti calde erano sistemati alcuni salami messi li ad asciugare. Nel salotto c’era ancora, intatto, lo studio del loro trisavolo (detto, appunto, “il segretario”). Mi offrirono un paio di fette di pane e marmellata (fatta da loro con la frutta che raccoglievano nel loro orto). Mentre mangiavo mi raccontarono che quella torretta era stata donata al loro trisavolo al quale era stato assegnato il compito di scrutare il mare e le vie di accesso al paese per controllare l’eventuale arrivo di bande di ladroni o di corsari… Andammo sul terrazzo: un vero e proprio solarium ben attrezzato con gerani parigini, rose, garofani e verde dove le due “tedesche” prendevano tranquillamente il sole lontano da occhi indiscreti. Il panorama era di quelli mozzafiato con il mare che sembrava si potesse toccare con una mano… Sotto c’era un orto con limoni, arance, mandorli, cachi… Più in la il grande pozzo con la famiglia Giansante che coltivava il terreno. E, poi, il nuovo cimitero di Silvi realizzato su un loro terreno espropriato senza mezzi termini dal Comune… “Il Comune è stato crudele con noi” mi dissero. “Per noi tornare ogni anno a Silvi era una festa – aggiunsero – ed era l’occasione per andare a trovare i nostri parenti morti laggiù al vecchio cimitero della Madonna dello Splendore. Ma gli amministratori di Silvi non hanno prestato la dovuta attenzione a quel luogo sacro. Un anno – raccontarono – non siamo riuscite ad entrare nel cimitero perché un enorme gregge, di ritorno dalla Puglia, vi si era accampato. Proprio davanti alla Cappella della Madonna i pastori avevano sistemato una enorme caldaia per fare il formaggio, senza che nessuno intervenisse!”. Mi accorsi che le lagrime stavano spuntando nei loro occhi… Chiesi loro scusa a nome di tutti i silvaroli… Prima di salutarci mi caricarono di regali (frutta, cioccolato e marmellate). Nel congedarmi dissi loro che sarei tornato per avere ancora altre notizie su Silvi e le vicende dei tempi passati… Purtroppo, non ne ebbi più il tempo perché di li a poco partii per una terra lontana, il Canada…

Ottavio Scianitti

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