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Per le vie del Borgo

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ricordi silvaroli

 

ERA PRIMAVERA…

Era una mattina come tante… Il mare laggiù era calmo e argenteo, mentre le ultime barche rientravano dalla notte di pesca. Il profumo degli alberi in fiore era intenso, quasi inebriante. Le rondini, a frotte, si rincorrevano cinguettando a perdifiato quasi volessero annunciare l’imminente estate! Sotto i cornicioni delle case dai nidi di fango e paglia, spuntavano le testoline delle nuove rondinelle in attesa delle mamme con il cibo… Pensavo: siamo partiti in tanti da questo borgo incantato. Chi per le Americhe, chi per la Svizzera, chi per la Germania, chi per il Belgio e, perfino per l’Australia. In paese erano rimasti, per lo più, gli anziani, le donne e i bambini come custodi del focolare domestico, nell’attesa di un ricongiungimento… Salutai il mare e il sole, ormai già alto nel cielo e lasciai la loggia per tornare verso il centro. Il primo ad incontrare fu Dino Fusilli che stava pulendo il suo negozio. Più avanti da

dal fondo della sua bottega, Rachele mi chiamò invitandomi a bere un bicchiere di aranciata… Sugli usci di casa le solite donne eternamente vestite di nero perché per loro il lutto durava l’intera vita…Alcune facevano il merletto, altre cucivano a mano, altre facevano le calze di lana per i loro uomini… C’era un silenzio irreale, così diverso dai tempi in cui Silvi Paese era pieno di giovani allegri che cantavano canzoni allegre e piene di amore per la vita… Arrivò “Liunette di la scimmie”: “Scianì – mi disse – paheme ‘nu gilatucce!”. Entrammo insieme nel bar di Luigi Costantini. “Zì Luì – gli dissi – daje ‘nu gilate a Lijunette”. “Ecchele qua – disse borbottando Luigi – ‘artruvatelu polle stuscustimate!”… Mi sedetti e, mentre sorseggiavo un drink, chiesi a Luigi Costantini notizie dei suoi figli. Teresio, sposato con Carolina, la figlia di “Cannilore” gestiva un albergo alla marina, mentre Francesco faceva il ragioniere e giocava a pallone e, infine, Aventiglio (che aveva ripreso il nome del fratellino morto). “Caro Ottavio – aggiunse – qua se non arrivano i villeggianti questa estate mi tocca riprendere la tromba e andare a suonare con la banda di Casoli, almeno ho un guadagno sicuro, con la speranza, però, che il mio labbro mi assista ancora!...”. Luigi, infatti, era stato un bravo trombettista. Nella saletta accanto c’erano già, di prima mattina, quattro uomini a giocare a carte e fare la passatella. “Non farci caso – mi disse Luigi – questi aspettano che arrivi l’ora in cui vengono le loro mogli con il cestino della cena per andare in mare. Mi pagassero almeno!... Mi dicono sempre: “signe. signezì Luì!” Con la speranza che a fine mese gli rimanga qualcosa per saldare il loro conto… “. “Zia Rosina (moglie di Luigi) – gli dissi - è sempre qui davanti a fare maglie e calze di lana”. “Vedi Ottavio – mi rispose passandosi la mano sulla fronte pensierosa – io e Rosina e tua madre e tuo padre eravamo le coppie più belle e invidiate di tutto il paese. Rosina era bella che sembrava una Madonna ed eravamo felici: cantavamo nelle maggiolate e non ci perdevamo mai una festa per andare a ballare. Pensa – aggiunse – noi e i tuoi genitori ci siamo sposati lo stesso anno! Ricordo con quanta ansia le nostre donne aspettavano il loro primo figlio. Facevano a gara per preparare il corredo più bello al nascituro….”. Ad un tratto mi sentii prendere la mano. Mi girai e vidi zia Rosina che mi strinse a se come si fa con un figlio. “Tu Ottavio – mi disse mentre sorseggiavamo un caffè che ci aveva portato zio Luigi – sei nato lo stesso anno del mio secondo figlio. Da bambini giocavate insieme…!”. Seguì un lungo silenzio. Zia Rosina prese fiato e con un senso di forte dolore che le si leggeva negli occhi e si sentiva nelle sue parole mi raccontò la triste avventura di suo figlio, il primo Aventiglio. “Io e tua madre – prese a raccontare – una mattina eravamo andate a fare i panni al lavatoio di nostra proprietà. Era una grande vasca di due metri per tre, profondo circa tre metri, che si riempiva quando il serbatoio comunale traboccava. Facevamo i panni con la liscivia e facevamo a gara a cantare  le canzoni paesane. Tua sorella Lucia era rimasta a casa, mentre mio figlio Aventiglio scorrazzava lungo i filari della vigna che era lì vicino. Lo trovammo lì annegato che galleggiava con la testa in giù… Sembrava un angelo caduto dal cielo!.. Da quel giorno il mio cuore non ha mai cessato di pensare a lui e di sentirsi triste…La disgrazia accadde perché non c’era alcuna recinzione, nonostante l’avessimo richiesto più volte al Comune!...”. “ Ai suoi funerali – disse zio Luigi – partecipò tutta Silvi Paese. La gente non volle lasciarci soli nel nostro immenso dolore… Eravamo davvero una famiglia che non poteva essere scalfita né dalle discussioni né dalle liti tra di noi!”… “Oggi – aggiunse zia Rosina – quando muore qualcuno in paese sono pochissimi quelli che lo accompagnano al cimitero!”. Mi abbracciò e mi diede un bacio dicendomi: “questo portalo a tua madre!”….

 Ottavio Scianitti

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