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Uno spicchio di storia di Silvi (Prima parte)

IL RUGGENTE DECENNIO 1965/1975

Furono gli anni decisivi per il futuro della città, nel bene e nel male

06 Silvi 1965Il decennio che va dal 1965 al 1975 fu, senza alcun dubbio, il periodo in cui Silvi fu trasformata da villaggio di pescatori e contadini in quel caotico e disordinato agglomerato urbano e umano che negli anni successivi, fino ai nostri giorni, crebbe a dismisura. I politici locali, accecati dall’ambizione personale e dalla voglia di “arraffare” tutto e di più, anziché frenare quella corsa la favorirono, forse anche senza rendersene conto, ma non per questo sono oggi da giustificare. Era l’epoca dei “volponi”, dei boss e delle cricche che trovarono facile terreno nell’ignoranza dei peones che li seguivano cecamente. Per questi ultimi era un modo come un altro per sentirsi presenti ed importanti, speranzosi di ottenere, prima o poi, qualcosa di buono anche per loro.Silvi veniva da un decennio di amministrazioni comunali deludenti. Peraltro, non era lecito, a quei tempi e in quelle condizioni economiche, attendersi qualcosa di meglio. Alle elezioni comunali del 1955 Izza D’Isidoro fu confermata sindaco (subentrata l’anno prima al dimissionario Menaguale) grazie ad un intrigo politico, che oggi chiameremmo “inciucio”. Infatti, la DC, se si fosse presentata compatta, avrebbe stravinto. Ma così non fu perché il Marchese Martinetti e “don” Angelo Barabaschi, figure preminenti della DC di allora, si staccarono dal partito e formarono una terza lista che, poi, fu determinante per l’elezione del sindaco, anzi la “sindachessa”, comunista Izza D’Isidoro, che, con il suo indiscusso savoirfaire, si era conquistata la simpatia di Barabaschi al quale aveva fatto alcuni favori. Durante quella legislatura ci fu anche una love story tra la giovane sindachessa e l’aitante bel segretario comunale Pareri.Silvi ebbe un colpo d’orgoglio alle elezioni del 1960. Tommaso Franceschini, silvarolo giudice della Corte dei Conti a Roma, pose la sua candidatura come capolista della DC (il che significava la sicura elezione a sindaco di Silvi da parte del nuovo consiglio comunale). Franceschini, già di per se stimato e ben voluto per i tanti favori che aveva fatto a molti silvaroli (pensioni di guerra), era apparentato con la potente e ricca famiglia Corneli (sua moglie era una “Mezzalibbre”). Nessuno osò, all’inizio, metterglisi di traverso. Ma la sua elezione non fu semplice. Barabaschi, infatti, che controllava ben quattro consiglieri comunali, fece andare deserte le prime sedute del consiglio in cui si doveva eleggere il sindaco. Ci volle un intervento dall’alto per riportare le pecore smarrite all’ovile. Purtroppo, Franceschini morì prematuramente meno di due anni dopo la sua elezione a sindaco, sicché non ebbe il tempo per dare attuazione al suo programma. Nel 1962 gli succedette il notaio Domenico Forcella, personaggio stimato e rispettato da tutti che, però, non aveva la possibilità di dedicare troppo tempo al Comune per via del suo impegnativo e complesso lavoro. Luigi Giusti, vicesindaco, cercò di sopperire, con la sua professionalità, l’indiscussa levatura morale e la grande dedizione  all’assenza del sindaco. Ma non era cosa facile perché, nel frattempo, era  riemerso l’antico modo di fare politica. In cabina di regia, nella DC, morto don Angelo Barabaschi, si stava facendo largo  Francesco D’Isidoro, gaspariano di ferro e politico dai modi forti e dai pochi scupoli che mal sopportava la preminenza di un “nataliano”, qual’era Giusti. Fu così che le redini furono prese dagli assessori Mazzitti Massimo, Mancinelli Raffaele e Mastrangelo Franco  (poiché avevano casualmente uguale sillaba iniziale nel loro cognome, erano indicati come  “il trio Ma-Ma-Ma”). I tre “gaspariani”, essendo maggioranza in giunta, determinarono, in buona sostanza, la linea politico/amministrativa del Comune fino alla scadenza del mandato.Pur costretta a navigare in un mare non certo tranquillo, quella maggioranza portò a compimento regolarmente il suo mandato.Nel 1965 la DC tornò a dividersi per l’ennesima (ma non l’ultima…) volta. Alle elezioni i dissidenti DC appoggiarono il listone civico composto ufficialmente da PCI e PSI che, ovviamente, vinse le elezioni. Sindaco fu eletto un giovane socialista, Umberto Mazzone e assessori effettivi Terra Gino, Di Giovanni Bonantonio, Pacchione Ivo e D’Isidoro Izza: assessori supplenti Pacchione Michele e Mazzocchetti Luigi. Il giovane sindaco Mazzone, apprezzato ragioniere impiegato dello Stato, alla sua prima esperienza amministrativa, trovò una forte spalla nel suo compagno di partito Bonantonio Di Giovanni, insegnante elementare,  che aveva già avuto importanti esperienze come consigliere e assessore comunale.06 Silvi 1966 Tra i primi obiettivi raggiunti dal Mazzone, che per mestiere conosceva bene il funzionamento e la strutturazione della burocrazia, fu quello di dare un primo assetto logico e tecnico agli uffici comunali che fino ad allora erano rimasti ancora scarsi sia di personale di ruolo qualificato sia di organizzazione del lavoro. In quegli anni Silvi ebbe, finalmente, un vero “ragioniere capo” (la rag. Angela Angelozzi, stupenda miss Circolo ASA di Atri eletta anche con il mio voto di liceale…) capace di stare al passo con la normativa in continua modificazione e un tecnico comunale giovane e pieno di entusiasmo ( geom. Dalmazio Mastrogiuseppe, oggi apprezzato avvocato, grazie al quale l’Ufficio Urbanistica assunse un ruolo di vitale importanza per l’amministrazione e di utilità per i cittadini). Gli altri uffici al servizio del pubblico (Commercio, servizi demografici e Leva) erano ben coperti e potevano contare su due colonne, Cesare Ruggieri e Florio Chiassolini. L’unico settore che rimase (ancora per parecchi anni!...) acefalo fu il Comando dei Vigili che poteva contare solo di pochissimi operatori, ai quali, per giunta, erano affidati anche compiti di messi notificatori e, talora, di autisti dei mezzi comunali. Mazzone e Di Giovanni avevano visto giustamente che il mondo stava davvero cambiando e che Silvi da piccolo paese si apprestava a diventare una città, sulla spinta del boom economico e del turismo che stava cambiando radicalmente la sua connotazione: da turismo “d’élite” a turismo “di massa”. Un’autentica rivoluzione, non solo per Silvi ma per tutta l’Italia e l’Europa. Occorreva fare tanto e presto per mantenersi al livello delle altre località balneari. Silvi, almeno in questo, non fu da meno delle altre località costiere dell’Abruzzo. Anzi, fu la prima, la migliore, quella che aveva il maggior numero di arrivi e di presenze e restò tale fino ai primi anni novanta. Ma di questo parleremo meglio e più diffusamente in seguito.

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