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ZI FRANCISCHE DI VINCINZETTE

La sua casa era sulla picciunara. Una famiglia distinta per il loro modo di fare e il rispetto che davano a tutti i vicini,del nido che avevano costruito con la fedelissima e rispettata moglie Splendora restano tanti ricordi di loro; tre figli Vincenzino, Anna Maria e Stefano, chiamato Nevio. La casa era alla parte sinistra della picciunara,un portoncino a sinistra, un accogliente cucina a destra, una bella sala da pranzo dove io ed Anna Maria facevamo i compiti di scuola. Le camere erano al secondo piano. Insomma era una famiglia ideale dove il benessere era visibile. Zio Francesco il capo famiglia non stava mai fermo un minuto; aveva sempre uno scherzo pronto; il suo senso di umorismo lo rendeva popolare. Aveva studiato musica col maestro Palmisano come tanti della sua eta' per poi suonare nelle varie bande in giro per l'Italia. D'inverno faceva il sarto con suo cognato, Peppino detto Gianbattista sarto di grande classe. Lavoravano per le migliore casate del paese e della spiaggia. Avevano un vigneto che la moglie zia Splendora curava con tanta passione con un contadino che lavorava per loro. Enio ha costruito una bella villa adiacente al vigneto  da dove si gode la bellezza del mare.  La cantina, ''lufonnache'' era un ripostiglio dove si sentivano forti i profumi di uva appesa ai travi, delle sorbe, delle mele cotogne, delle noci e mandorle accanto alle botti di vino e “tragni” di olio. Zio Francesco prima della seconda guerra mondiale parti per New York in cerca di nuove esperienze. Lì trovo molti paesani, tra questi nonno Ottavio che gli diede una mano a stabilirsi perché conosceva Francesco per le sue birichinate,amava fare giochetti e prendere in giro ,era un modo di vivere tra i bandisti ! A New York, entrò in una sartoria, dove lavorava a cottimo. Spettacolare il risultato: la singer che usava correva più di una Ferrari! Il giovedi giorno di paga la sua busta era tre volte più consistente di quella dei suoi compagni. Purtroppo una parola che non doveva dire gli costo il soggiorno in America dove erano i giorni di Al Capone!... Zio Francesco fece sapere che giammai la sua fabbrica avrebbe accettato di pagare il “pizzo” alla mafia… Il giorno dopo gli si presentarono, inviati da Al Capone in persone, due ceffi con un biglietto di ritorno per l’Italia… Per mesi la sera prima di andare a letto guardava sotto il letto. La paura era più forte delle sue barzellette… Qualche tempo dopo si disse che quel biglietto era stato solo un brutto scherzo dei suoi amici con cui lavorava. Quando tornò a Sili, in pieno regime fascista, subì l’affronto da parte di un federale che gli sfilò la fede dal dito “serve alla Patria!” gli disse. A Silvi e nei dintorni c’era la miseria e il lavoro scarseggiava. Con il suo saper fare, zio Francesco si recò a Chieti dove si inserì come sarto in una caserma dove si confezionavano le divise per i militari. Portava sempre la camicia bianca e la cravatta. La sua Singer era lì sulla piazza dove i pescatori lo prendevano qualche volta in giro e gli rubavano l’uva della sua vigna… Però alla fine gli andava sempre bene, perché i pescatori gli fornivano semptre dei meravigliosi brodetti. Un novembre chiamo me ed Emilio a travasare il vino. Presi una sbornia con i fiocchi perché, poiché dovevo succhiare il vino da immettere nelle damigiane, ogni volte facevo una bella e lunga tirata. Ricordo mia mamma che gli disse: “Frangio' mi ‘ccise nu fije!”  Lui rideva: ne aveva bevuto parecchio anch’egli!.. Suonava con la banda di Casoli.  Quell'anno,come si usava ogni famiglia invitava uno o più persone a pranzo che dopo la processione sitrovavano a casa di un ricco di Santa Margherita: erano lui, Pinuccio suonatore di clarinetto e un frate. Francesco tenne tutti di buon umore raccontando barzellette. Il frate, ad un certo punto, chiese silenzio. Erano alla fine del pranzo. Era alticcio anche lui, ovviamente. Chiese a zio Francesco : “voi bandisti certe volte state fuori per tanto tempo, anche per oltre 10 mesi… Se vi capita, quando tornate a casa, di vedere che nel frattempo è natom un latro figlio che fate?”. Zio Francesco non si scompose e rispose al frate>: “Pijemelucitele, ‘j mittemeluclarinette ‘mmocche!”. “E dopo che fate” – gli disse il frate. “Si soneva tutte ‘bbone si nò ‘j deme ‘na zampate ‘ngule e ‘j diceme: vatt’a fa frate!”.

 

 Ottavio Scianitti

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