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Dopo un lungo silenzio si risente la voce della opposizione di centrodestra al Comune di Silvi. Finora, infatti, solo Michele Cassone e, talora, il M5S avevano fatto sentire “pubblicamente” la loro opinione e il loro giudizio sui fatti amministrativi. I partiti o movimenti che compongono (l’ex?) centrodestra si erano limitati quasi esclusivamente a fare “battaglie” nel ristrettissimo e scarsamente frequentato ring della sala consigliare o, tutt’al più, sulle pagine di FB, sempre meno seguite da chi non ama solo le chiacchiere. Le 5 liste di centrodestra che si sono riunite, opportunamente, per prepararsi per tempo alle elezioni amministrative del 2019, hanno riempito Silvi con un manifesto dove chiedono perentoriamente le dimissioni del sindaco elencando 15 presunti buoni motivi. Non è molto, in verità, perché oltre all’elencazione delle “cose non fatte”, non ci sono rilievi o controproposte qualificanti per un’azione politicamente efficace. Però è pur sempre un segnale, un segnale di vita, un fumo che fa pensare che sotto le ceneri c’è ancora del fuoco. Ma è evidente che per dimostrare di “esserci” non basta chiedere che sul Comune Comignani & C. innalzino la bandiera bianca della resa. Perché tra il chiedere e l’ottenere c’è ancora troppa distanza. Sul balcone di Palazzo di Città, infatti, sventolano diverse bandiere, ma non quella bianca. Oltre alla bandiera “rossa”, ovviamente immaginaria e indicativa del colore politico che governa la città, sventolano ben quattro bandiere che fanno pensare a tutt’altro che ad una resa: la bandiera blu con le stelle dell’UE, la bandiera Blu dell’Ambiente, la bandiera Verde e il tricolore. La bandiera dell’UE testimonia l’attività che l’apposito settore creato all’interno della struttura politica amministrativa sta svolgendo a livello di Europa con un certo successo. La Bandiera Blu è una riconquista importante, dopo i disagi derivati dalla sua perdita e sta a testimoniare che nel campo del turismo e dell’ambiente non siamo gli ultimi in Italia. La bandiera Verde è un altro tassello importante nella formazione di un quadro generale e significativo dell’offerta turistica pubblica e privata. Infine, c’è il tricolore.
Forse quello è il “neo” del poker di bandiere. Non perché non amiamo la nostra Patria, che rimane sempre forte e orgogliosamente nel nostro cuore, ma per la situazione che hanno determinato nell’ultimo trentennio i vari governi che si sono succeduti a Palazzo Chigi. Alla politica delle mani bucate è seguita la politica delle tasche vuote e dei rubinetti chiusi, soprattutto per il buon funzionamento degli enti locali minori Comuni e regioni. Hanno ragione i gruppi di opposizione quando dicono che sono state aumentate le tasse comunali… Ma hanno anche ragione gli amministratori che sono stati, praticamente, costretti – pena la riduzione dei già miseri contributi statali – ad aumentarle per sopravvivere e cercare di garantire il minimo indispensabile in fatto di servizi ai cittadini. Hanno ancora più ragione i cittadini a lamentarsi di questo stato di cose, perché, come al solito, a pagare siamo sempre noicittadini che, in compenso, otteniamo servizi meno soddisfacenti e inadeguati alle reali esigenze.
Per tappare il “buco” della sanità pubblica, tanto per fare un esempio, si eliminano indiscriminatamente e colpevolmente strutture e servizi che, pure, avevano dato ampia dimostrazione di essere efficienti: non a caso la mortalità negli ultimi due anni è cresciuta e, per il futuro, le prospettive sono, forse, anche peggiori! Per ridurre la spesa pubblica si taglia solo ai Comuni e alle Regioni, mentre rimangono, anzi aumentano, le spese per la politica tra stipendi, indennità, vitalizi e privilegi riservati all’incredibile numero di deputati, senatori e consiglieri regionali. In autunno saremo chiamati a votare un referendum per cambiare la Costituzione: ottima iniziativa se non fosse poco più di un palliativo che lascia, pur tagliando qualcosa, molta, troppa zavorra ancora in vita. Cento deputati sarebbero più che sufficienti per eliminare quello schifo di spettacolo a cui assistiamo oggi a Montecitorio. La riduzione dei parlamentari consentirebbe anche un controllo effettivo sul loro operato e sul loro impegno per guadagnarsi la consistente indennità parlamentare. Il Senato e le Province dovrebbero essere abolite definitivamente e le regioni, che potrebbero diventare organi di consultazione, gratuiti, anche vincolanti per il Parlamento in sede legislativa, si dovrebbero ridurre e accorparle in sei o sette macro regioni con un numero di consiglieri ridotto all’essenziale (basta garantire la rappresentatività di tutte le zone “omogenee”). E, poi, giacché ci siamo, che dire del rinnovamento e del cambio generazionale della politica regionale e nazionale? C’è stato, non c’è dubbio, un notevole sforzo da parte del PD, partito di maggioranza relativa, a rinnovarsi per mantenere una leadership nel centro sinistra italiano.
Un rinnovamento che, nonostante tutto, non sembra abbia prodotto particolari traumi al suo interno, fatta eccezione per la decisa presa di posizione di SEL. Certo, resta ancora da verificare se ai proclami e alle promesse di Renzi seguiranno i fatti… Nel centrodestra, o di quello che ne resta, le cose non vanno meglio. Forza Italia, finora motore dell’intera coalizione, va a due cilindri e va dietro come un gambero, incapace di rinnovarsi e di darsi una nuova immagine. In giro tra storici estimatori del centrodestra e del suo indiscusso leader, si dice che un Berlusconi mummificato, affiancato da un incredibilmente insignificante Brunetta, sta esalando l’ultimo respiro con la benedizione delle pie donne Gelmini, Carfagnaecc… Alfano “che ci sia ognun lo dice, dove sia nessun lo sa”… La Destra all’1%... E si permettono anche il lusso di non tenersi “buoni” gli unici due personaggi in crescita, la Meloni e Salvini!.. Dei veri nuovi, quelli del M5S, c’è da dire che, purtroppo, una volta eletti in diversi enti dove sono andati a comandare, si sono comportati come quelli della vecchia nomenklatura partitica alcuni cambiando disinvoltamente casacca, altri finendo nelle maglie della magistratura… Cose ‘e pazzi direbbero a Napoli. A casa nostra le cose non vanno meglio. L’altro giorno Renzi e D’Alfonso hanno sottoscritto l’inflazionato “Masterplan” che gira da anni nelle stanze di presidenti e assessori regionali dove è stato scolvolto a iosa: sembrava fatto di pelle di c…ni: chi lo tirava di qua, chi lo allungava di là. Adesso, finalmente la firma c’è stata, ma devono arrivare i soldi e, soprattutto, i progetti e occorre individuare bene quelli che sono in grado di realizzarli (da evidenziare, oltretutto, che la nostra provincia è stata pressoché ignorata, come al solito). La Regione Abruzzo, in tanti anni di esperienza si era formata una classe dirigente di primo piano che l’infausto “rottamatore” D’Alfonso ha letteralmente disperso sostituendola con persone le cui credenziali erano soprattutto quelle di essere di sua esclusiva “fiducia”. Il governatore Big Luciano, tanto per cambiare, ha completato l’opera riunendo nelle sue mani quasi tutto il potere che, ovviamente, non potrà mai e poi mai, nonostante le sue indubbie doti di lavoratore e di “coccia”, trasformare in concrete realizzazioni. Insomma, a mio avviso, sic stantibus rebus, una buona parte di quei milioni di euro sono destinati a tornare intonsi da dove sono venuti o verranno (UE e Stato). Voi, cari lettori, vi chiederete: ma cosa c’entra con Silvi tutta sta roba?
C’entra… c’entra… Il Comune non è una banca né un’impresa fatta di capitali propri e certi, ma un povero e semplice ente territoriale lasciato solo e abbandonato dalle Istituzioni nazionali e regionali, “costretto” per legge a gestire e a garantire servizi importanti e costosi senza che lo Stato partecipi assegnando loro i fondi necessari, come avveniva fino a qualche anno fa… E come fa il Comune ad andare avanti? No problem! Lo Stato gli ha dato la possibilità di mettere nuove tasse e aumentare quelle esistenti… “E io pago!...”.

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