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editoriale

Dopo la mucca pazza, il nostro Paese ha sperimentato anche la primavera pazza, la più pazza a memoria d’uomo. Ma come tutte le cose, buone o cattive, anche questa è passata. Guardiamo avanti. Dietro l’angolo c’è già un altro grosso avvenimento: le elezioni europee. Tutti gli appuntamenti elettorali hanno storie diverse. Quello di domenica prossima ne ha più d’una. Partiti per i quali gli elettori avevano già recitato il “De profundis” sembrano uscire risuscitati come Lazzaro dalle bende che avvolgevano i loro cadaveri… I due partiti della maggioranza che filavano con il vento in poppa, mettono in stand bay il loro impegno comune riponendo nel cassetto i fogli su cui avevano sottoscritto il “contratto” di governo, sia pure da separati in casa… Eppure si tratta di elezioni “Europee”, una roba che in altri tempi destava scarso interesse, ma che all’improvviso ha acquisito il valore di un “referendum”, di un “banco di prova decisivo per il futuro dell’Europa e del Paese”… Al di là della ottantina di europoltrone, che sono pur sempre poltrone comode e redditizie, ci sono motivi forti che hanno spinto tutti i partiti a schierarsi in campo con le loro task force in assetto di guerra… Lunedi sera conosceremo i nomi dei vincitori e conteremo i caduti in battaglia. E delle strane contraddizioni a cui stiamo assistendo ne vogliamo parlare? Da ogni parte si predica bene quando si dice che tutti sono liberi di esprimere la propria appartenenza a categorie culturali, sociali e religiose, ma, poi, c’è chi finisce con il razzolare male. Il “laico” ha tutto il diritto di non credere e di criticare i “credenti”; chi professa religioni diverse da quelle europee, che hanno la stessa matrice giudaico/cristiana, ha il diritto di vivere a casa nostra “integralmente” la sua religione con tutte le implicazioni che comporta e non può essere “disturbato”, anzi dovremmo essere noi ad adeguarci alle loro esigenze. Se però, un politico italiano durante il suo comizio dice di essere cristiano e di credere nell’aiuto della Madonna mostrando un rosario, tutti alzano gli scudi e si ritrovano miracolosamente d’accordo nel criticarlo e a metterlo spietatamente alla gogna mediatica. Premesso che questa mia osservazione sarebbe stata espressa alla stessa maniera anche se al posto di Salvini ci fossero stati Di Maio o Berlusconi, Zingaretti o la Meloni e chiunque altro, pongo una domanda: essere cristiani non è soprattutto essere testimoni della propria fede e dichiararlo apertamente senza paura alcuna? O, forse, sono cristiani, quelli che fanno finta di non esserlo perché temono di perdere prestigio e guadagno? Al di là dei colori politici nei quali ciascuno è liberissimo di identificarsi, a me ha colpito l’atteggiamento di quelle personilà, politici, giornalisti, filosofi e ospiti dei talk show che si sono scandalizzate di quel gesto. In particolare mi hanno stupito alcuni autorevoli rappresentanti della Chiesa. A proposito di questi ultimi mi sento di fare una riflessione, consapevole che ci sarà chi mi criticherà aspramente per questo. Se Salvini fosse sincero e convinto quando ha detto quelle cose non possiamo saperlo noi ma solo lui e il suo Dio. Ma non v’è alcun dubbio che non posso essere io e nemmeno i preti “televisivi” a giudicarlo e condannarlo, “a prescindere”, per quello che ha detto. Il processo e il giudizio, peraltro scontati, da parte degli avversari politici è comprensibile, ma quelli dei “cristiani” certamente no, tanto meno quelli di chi porta il colletto bianco o lo zucchetto rosso in testa. Oltretutto si rischia di sentirsi dire, alla luce degli scandali coraggiosamente denunciati da Papa Francesco, che c’è chi guarda la pagliuzza nell’occhio dell’altro e non vede la trave che ha nel suo Questo ci hanno insegnato Cristo nel Vangelo e la Chiesa con la sua dottrina…