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editoriale

A Silvi, fino ad una trentina d’anni fa, c’era il fenomeno dei bar sempre pieni di gente gioiosa, ironica, “pettelona”, burlona ma anche curiosa di sapere e di far sapere cosa accadeva in paese. Questo ci rendeva, alla fine, una grande famiglia dove si condividevano gioie e tristezze e si sapeva tutto, o quasi, di tutti. La politica era connotata da un forte senso di appartenenza a ideologie diverse per le quali ci si confrontava e si finiva, inesorabilmente, a scontrarsi per il fatto che la maturità necessaria per un dialogo “democratico” non era ancora annoverabile tra le virtù di chi si impegnava in politica. Gli steccati tra i vari partiti erano robusti e, per loro natura, praticamente insormontabili come la proverbiale lotta tra il diavolo e l’acqua santa, Don Camillo e Peppone, le tifoserie di Coppi e Bartali... Ma da quella lotta si cresceva. Si susseguirono generazioni di persone corrette e “convinte” che combattevano non per un interesse personale (tranne i soliti rari casi) ma per una “idea politica”. Finiti quei tempi e trasformati i tradizionali popolari bar da “piazza” in eleganti pub, caffetterie, pasticcerie, vinerie e tutte le altre... diavolerie di oggi, anche quell’ultima occasione per condividere le vicende del paese, diventato nel frattempo città, è andata affievolendosi fino a scomparire. Oggi si gioca ad informarsi o a disinformarsi (nel caso in cui chi non conosce i fatti scrive come se li conoscesse…) sui social dove è più facile parlare e dire cazzate o offendere perché non si corre il rischio di beccarsi ceffoni o cazzottoni perché non esistono le botte “virtuali”!... Il rischio che si corre con i social - strumenti formidabili di informazione e di crescita se usati correttamente - è proprio questo: tutti possono dire di tutto e di più su qualsiasi argomento anche se non ne conoscono neppure i fondamentali e - nel caso di notizie che si mettono in circolazione senza che siano opportunamente documentate - possono creare confusione, irritazione, sdegno e false concezioni su persone e organizzazioni politiche, civiche e amministrative. Fin quando questi “equivoci” nascono solo per l’ignoranza in materia di chi li crea si può non tenerne coto e riderci sopra. Diverso è il caso di chi quegli equivoci li crea ad arte per dare forza al suo tentativo di denigrare persone, gruppi e partiti che non gli vanno a genio solo per il gusto di fargli del male. Ma, si sa, le bugie e le infamie hanno le gambe corte sicché non sempre riescono ad attecchire nell’animo di chi le legge sui social. Sono convinto che anche per questo motivo certi interventi si riducono in duetti lunghi, noiosi e sempre meno seguiti…