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MEMORIA DI MASSIMO DI MANTINO
Soldato silvarolo morto nell’inferno di Tambov

04-Massimo-Di-MantinoNacque a Silvi il 21 luglio 1911, in via San Rocco, al civico 29, da Alessandro e Annadomenica Di Febo. Dopo gli studi compiuti sino alla seconda elementare, si dedicò all’agricoltura e divenne un mezzadro, seguendo le attività del ceppo familiare, presente già nel Catasto Onciario del 1732 con Ilario e Sabatino. Di Mantino sapeva dunque leggere e scrivere, e dopo il fidanzamento convolò a nozze con Delia Nerini, il 24 agosto 1935. Dopo la leva al distretto di Chieti, nello stesso anno viene arruolato nel reggimento Fanteria, partecipando alla campagna dell’Africa Orientale nel biennio 1935-’36, nella zona di Massaua;

tornato dalla guerra, nel ‘36 si stabilirà con la famiglia in contrada Fonte da Capo (n. 36), per poi tornare in centro storico, in corso Umberto 265. L’anagrafe registra un altro spostamento in contrada Vallescura, ma di lì a poco tornerà in corso Umberto, questa volta al civico 267, nello stesso periodo in cui nasce il figlio Alessandro, già appartenente al corpo di Polizia municipale. Quando il pericolo sembrava scampato, all’età di 29 anni il distretto di Teramo lo richiamò alle armi come mitragliere, aggregandolo al Battaglione Mitraglieri 104, incluso nel corpo di spedizione italiano che partecipò alla campagna di Russia. Di Mantino, che nel frattempo aveva preso la residenza in vicolo San Rocco 16, prese servizio effettivo a partire dal 28 febbraio 1942, ma già a partire dal mese di dicembre i documenti del distretto di Teramo prospettano la sua «morte presunta». In realtà Di Mantino fu catturato dai russi insieme ad altre migliaia di soldati italiani e fu successivamente internato in uno dei peggiori campi di concentramento che la convenzione di Ginevra ricordi: al campo 188 di Tambov, «la tomba più grande di tutta la campagna di Russia», ci furono anche episodi di cannibalismo, a causa dell’assenza di cibo ai prigionieri, che vivevano in lunghe buche scavate nella terra e coperte alla meglio di tronchi d’albero prelevati dal bosco. Dopo immani sofferenze Di Mantinò morì il 13 dicembre 1944. L’auspicio è che non venga dimenticato e gli si possa dedicare una targa commemorativa.

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