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A Silvi in Abruzzo

Silvi Alta guarda a valle il mare / per declivi di viti, olivi e grano / fino all’altra, l’antico borgo marinaro, / di quando si gridava in basso, nel silenzio / delle stagioni e per i pendii, gli anfratti:“Com’ è andata la pesca? Scarsa… / forte, e quante sporte… ? ” / La risposta risaliva possente, contenta: / “ Bene, bene; scendete a darci una mano.” / Giù è la perla d’Adriatico, / che incontra sulla larga spiaggia / il Grecale, il Levante, che, più soffiano, / tanto contorcono il pino marino / e cedono gli intonaci alle case / per la salsedine nel soffio di iodio / del fiato che ansima al camminante / cui non cede il passo fin oltre la prora / di Torre di Cerrano, quando, davanti a essa, e per magia d’incanto la spiaggia / d’ improvviso vede Pineto. / Non è fretta se all’Oasi di Morgan /  davanti alla pensione Elsa, vecchia osteria, / ci si ferma per un incontro all’ ombrellone, / si parla e sparla della vita quotidiana, / di Pescara, s’assapora la pasta ai frutti / di mare, il fiadone, il gambero ripassato / e non di meno aiutano a ricordare il calice / di Cerasuolo rosso di tramonti e solchi, / il Montepulciano rude e imbronciato, / il Trebbiano che specchia e rincorre l’onda. / Così passa l’estate sulla costa d’Abruzzo, / non più greggi per tratturi, non più / calpestio e dolci romori, gente, sì,  / dai colori semplici, con sorrisi grandi  / che sanno di terra, senza clamori, amori / come Silvi che s’ alza dal mare e sale / alta fino agli archi del basamento / luminato nella notte di stelle; / e, di giorno, è nel sole.

Gabriele De Masi

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